Tempi 15 marzo 2015

“Voglio tutto”, il libro sulla vita di Marta Bellavista

Marzo 15, 2015 Benedetta Frigerio

Marta Bellavista, morta nel 2010, scrisse diari e lettere che la riportano vicina a chi l’ha incontrata, offrendo compagnia a quanti cercano la felicità

marta bellavistaA Marta non si poteva stare vicini senza essere costretti a pensare a qualcosa che va oltre ciò che si vede e si tocca. Perché tutto di lei, gli occhi azzurrissimi, i consigli, le richieste e persino le battute gridavano incessantemente quel desiderio insopprimibile di vivere da figli amati. Marta, nata nel 1983 e morta di tumore nel 2010, era così perché era «corteggiata», come ripeteva. Per questo la sua era ed è un’amicizia scomoda per chi ha paura di tornare bambino, preziosa per chi desidera una strada alla felicità.

NEPPURE UN MIRACOLO. La vita di questa giovane donna, le sue parole e i suoi scritti sono stati raccolti in un libro in uscita questa settimana e intitolato Voglio tutto (Itacalibri, 107 pagine, 10 euro), celebre frase di Teresina del bambin Gesù, santa dell’”infanzia spirituale” che Marta ricorda in diversi tratti. Con i suoi scritti  e la sua febbre di vita ritorna così familiare a quanti l’hanno incontrata, offrendo compagnia anche a chi non l’ha conosciuta. Giovane riminese, trasferita a Milano per studiare all’Università Cattolica, si ammalò nel 2006 di un tumore da cui poi guarì miracolosamente. Ma qualche giorno dopo la notizia della scomparsa della malattia, durante un’assemblea di universitari di Cl, in un’aula gremita da oltre 600 persone che l’avevano vista lottare e uscire vittoriosa da una battaglia durissima, disse con voce rotta: «Ho scoperto che neanche un miracolo può soddisfare il mio cuore». Per questo l’intensità di ricerca della verità e dell’amore a Cristo, accresciuti nella sofferenza, non l’abbandonarono nemmeno dopo la guarigione. Come descritto da tantissime lettere, fra cui alcune inviate ai suoi amici durante un viaggio in Messico dove si era recata per completare la tesi sulla chiesa dedicata alla Madonna di Guadalupe, figura per lei viva e vicinissima. Scrive: «Vivo la tesi come un pellegrinaggio». E ancora «Io non mi sento sola… anche quando fisicamente è così», perché «vivo un dialogo serrato e continuo con una persona che mi ama».

«HO ASSILLATO MIA MAMMA». Ma già prima della malattia la stoffa di Marta è documentata dal suo diario: «Da quando sono piccola – scrive nel 2003 – la domanda di essere felice l’ho sempre avuta forte. Ho assillato la mia mamma all’inverosimile». Per questo si attaccherà in università alle persone che possono portarla a conoscere il volto dell’Unico che riesce a rispondere alla sua sete: Cristo, incontrato nel carisma di Comunione e Liberazione. Le sue “bussole” saranno Francesco Ferrari, compagno di studi maggiore di lei e futuro sacerdote, e don Stefano Alberto, docente alla Cattolica di Milano e guida degli universitari di Cl, con cui vivrà un paragone continuo. Quando si ammala la prima volta scrive a Francesco: «Sto camminando a testa alta (…) mi sento come un soldato in una grande battaglia, la più bella e affascinante che si sia mai vista e, proprio per questo, anche la più drammatica e faticosa, ma mai sola, sempre accompagnata». Dopo l’intervento chirurgico racconterà in una lettera ai suoi amici la vittoria sulla paura gli attimi prima di essere operata: «Signore per la Tua gloria (…) mi sono vista in croce con Lui, in croce per Lui. Mi sono subito addormentata». E ancora, parlando della sua vita, afferma: «Mi è stato risposto e mi è sempre stato dato di più…io sono la prova vivente che Dio non inganna».

LIETA PER LE BRIOCHES. Dopo la laurea e un anno e mezzo di insegnamento, quando il tumore tornerà, la vita di Marta si farà ancora più feconda. La letizia e il modo con cui affronterà anche questa prova, cosciente che Dio chiede raramente di percorrere una via così ardua, genereranno una popolo che si darà il cambio per ospitarla, assisterla, accompagnarla a scuola e alla Messa quotidiana, anche quando la fatica giustificherebbe il riposo. A scuola, pur essendo alle prime armi, Marta diventerà anche punto di riferimento di alunni e docenti con cui sarà capace di rapporti profondissimi vissuti brandendo il lavoro che le spetta. Amante dell’arte e del ballo Marta mantenne sempre anche l’ironia di cui era dotata e grazie a cui riusciva a parlare di cose altissime portando anche intere platee di amici a ridere piangendo. Così segnò anche la vita di tanti medici, infermieri e pazienti che la incontravano in ospedale. Come la compagna di stanza Cesarina che una volta lamentandosi le chiese come faceva ad essere così lieta e a non sentirsi in prigione. Marta, davanti a una brioches, le risponderà che «in prigione delle brioches così non ce le portavano, Cesarì!».

«FRA LE TUE BRACCIA». Ogni dialogo e lettera riportate in questo libro sono come preghiere di lotta e di resa, semplici ma capaci di illuminare nel profondo la vita nei suoi aspetti essenziali. Ma come ha fatto una ragazzi di soli 23 anni a vivere con tanta intensità? Marta stessa lo ha spiegato: «“Sia fatta la Tua volontà” questa è l’unica strada che vedo possibile per me per poter vivere il centuplo», ma «siccome non so darti niente prenditi tutto Tu». «Conquistami!», ripeteva. E poco prima di morire, dialogando con il padre, la ragazza al telefono gli dirà: «Combatto, combatto certa del grande abbraccio, con le armi che ho, che sono i grandi amici e la preghiera». E poi svelerà di aver imparato un metodo per essere felice nella vita che «è gioia e dolore ed è così perché l’ha fatta così Gesù, è per questo che dico sì alla mia malattia (…): “L’amico è come l’obbiettivo di una macchina fotografica, mette a fuoco, mette a fuoco, cioè ti aiuta a fare luce dove c’è il vero, ma tutto il rapporto è tuo e basta, tuo con Lui, basta, nessuno di diverso, non tu-l’amico-e-Lui, è tuo e basta, sei tu che domandi, sei tu che chiedi, sei tu che gridi, sei tu che gli chiedi: amami!”. Giorgio: “E Lui ti risponde”. Marta: “Lui ti risponde nella realtà”». La familiarità con Cristo, a cui Marta arriverà fino a morire lieta e pronta, fu come la misteriosa risposta a quella domanda radicale: «Non ho un desiderio più grande. Io voglio stare con Gesù». Tanto che suo padre alla fine del funerale dirà: «Marta in questo momento Ti vede, è fra le braccia dove desiderava essere».

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