Racconta la prof.ssa Arianna Cazzaniga

01060005-ridottasitoTra gli amici di Marta vi era Arianna Cazzaniga, la prof.ssa della classe dove Marta svolgeva le ore di sostegno e che era stata sua compagna dI università. Arianna, nel circuito di amici (genitori o docenti) che la portavano a casa, o a Messa, oppure in ospedale, non potendo lei più spostarsi da sola per l’aggravarsi della malattia, era “di turno” il martedì.

Così Arianna descrive la prof.ssa  Marta  a scuola.

Quello che colpiva nella Marta, quello che era diverso ed affascinante, era il fatto che lei fosse sempre lieta. La sua risata semplice (che è la cosa che più spesso mi risuona nelle orecchie e che meglio ricordo) e il suo entusiasmo stupito… come se avesse sempre davanti un regalo da scartare: tutta la realtà, ogni incontro, ogni circostanza era come un regalo. Non una contentezza fittizia o di circostanza, ma proprio un essere in fondo sempre contenta perché certa che c’era Gesù che le voleva bene.

Questo suo modo d’essere cambiava tutto. Se penso a me, quante volte mi ha aiutata a tornare su quel che veramente conta, soprattutto dopo alcune mattinate a scuola faticose sia con i ragazzi che con i colleghi. Ma anche quante volte mi ha fatto vedere che c’è un modo più giusto, vero, bello, di guardare i nostri alunni soprattutto quelli più in difficoltà. Ricordo che durante le verifiche di storia e geografia (nella nostra II D) c’era sempre il “momento Marta”: era quando -gli ultimi 10/15 minuti dell’ora- i ragazzi più fragili (nella vita, non solo a scuola!) davvero si rendevano conto che il tempo stava per finire e la verifica sarebbe andata malissimo (e non perché fossero lazzaroni). 

Allora tentavano l’ennesima alzata di mano, io mi avvicinavo e tentavo l’ennesima indicazione (che ovviamente non poteva essere un suggerimento esplicito)… Ma non c’era verso che capissero e questo aumentava l’angoscia. 

Allora giravo loro intorno, mi avvicinavo e in momenti differenti dicevo a questi 4 o 5 ragazzi: «secondo me è il momento Marta…». E si alzavano e si dirigevano verso il banco in cui stava seduta la Marta e semplicemente le andavano a dire quello che loro avrebbero scritto nelle risposte: non cercavano un suggerimento, ma uno sguardo e un conforto. 

Mi colpiva che, solo l’avvicinarsi alla Marta, li facesse più tranquilli e sicuri di sé, delle proprie capacità e valore. E la Marta mica suggeriva, eh! Semplicemente li guardava, sorrideva loro e li ascoltava con quegli occhi che sembravano dire «amico, non vorrei essere in nessun altro posto se non qui, insieme a te, a dirti attraverso questa verifica che tu ci sei, sei grande, sei un regalo; non sei sbagliato, non sei inutile; sei forte, sei prezioso. Perché sei di Gesù: non avere paura, perché Lui è tuo amico».

Marta ha cambiato anche le scelte della mia vita. Quando l’anno scorso ho ricevuto la convocazione per andare ad insegnare nelle scuole medie statali, ho tanto pensato a cosa la Marta diceva della nostra scuola. Sono tornati alla memoria tanti momenti, tanti dialoghi nei quali emergeva il suo amore per l’opera che sono le nostre scuole e per il lavoro che siamo chiamati a fare. E così ho deciso di restare: posso dire che la mia rinuncia allo Stato, con tute le sue garanzie, non è stato un rifiuto, ma un dire sì a questo luogo (la nostra scuola) che chiedo ogni giorno di saper amare e servire come ha fatto lei.

Arianna Cazzaniga

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