Tra i chiostri della Cattolica

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Niccolò, un compagno di università di Marta, saputo della preparazione del libro, ci ha inviato una sua memoria che descrive in maniera assai efficace chi era Marta tra i chiostri della Università Cattolica.

È una email inviata a noi per tramite di Marta Sartorelli,  l’8 settembre del 2013.

Il mio incontro con Marta è stato all’inizio del mio primo anno di università. Lei, insieme ad un’altra persona, era la “responsabile” del gruppetto di studio di un esame che noi matricole dovevamo fare. Avevo notato fin da subito in lei una grande attenzione verso gli altri, un modo di guardare anche chi conosceva da pochi istanti profondo e interessato. Oltre al gruppetto era disponibilissima ad aiutarci in qualsiasi modo. 

Io però non mi sono mai coinvolto pienamente, e dopo un po’ mi sono un po’ staccato dal gruppetto.

Quando ho smesso di andare, Marta ogni tanto mi cercava, ma io non rispondevo. Trascorsi altri tre mesi, un giorno ha insistito per vedermi e io sono andato in università. Me lo ricordo come fosse ieri. Lei, con durezza e dolcezza allo stesso tempo, mi chiede “ma tu sei felice? Sei felice della tua vita? Perché da quello che dici non sembra. Prova a stare con noi…”. Quelle domande, la libertà con cui me le faceva e l’amore con cui mi stava guardando e aiutando mi hanno spiazzato e colpito molto. Da quel momento lei si è presa cura di me. Per un mese mi ha fatto compagnia in tutto, ogni giorno. Studiavamo vicini, mangiavamo insieme. Ogni giorno. Mi presentava i suoi amici e le sue amiche. 

La nostra amicizia cresceva e quello che mi affascinava era che lei non stava con me in modo oppressivo o invadente.  Aveva il desiderio che io potessi sperimentare la stessa grandezza e bellezza che lei aveva incontrato nel rapporto con Cristo attraverso il movimento di CL. 

In Marta si vedeva chiaramente un amore a Gesù grandissimo, che lei riscontrava in ogni incontro. Perché per lei tutti, anche io, erano un arricchimento. Una possibilità. Un incontro con Lui. 

Marta più di qualsiasi altra persona rappresenta per me l’incontro con Cristo. 

Nel periodo della malattia, la prima, mi colpiva tantissimo come lei stava vivendo la sofferenza. E quanta gente in università pregava per lei e per la sua guarigione. Quando poi improvvisamente (e miracolosamente) è guarita, dopo un po’ mi chiama e mi dice “sto andando a comprare il mio ex voto”. Lo diceva commossa e grata. Ma la sua ferita era ancora aperta e diceva “a me non basta neanche questo, neanche il miracolo della guarigione”. La sua gratitudine era immensa, certo. Ma il suo desiderio e il suo amore per Cristo erano tali per cui nulla, al di fuori di Lui stesso, era abbastanza. 

Nel periodo della seconda malattia, poco dopo aver scoperto di averla, mi ha invitato a cena. Eravamo da soli e così abbiamo potuto parlare. Era molto seria, addolorata. Ma era combattiva, desiderosa di scoprire a cosa volesse condurla la sua malattia. Mi ha detto queste testuali parole: “ho parlato con don Pino e mi ha detto che la malattia adesso è la mia vocazione, il modo privilegiato con cui il Signore mi fa vivere l’incontro con Sé nel quotidiano. Io adesso voglio capire meglio cosa significa questo, a cosa mi chiama e come convertirà ancora il mio cuore”. 

La Marta era piena del Suo amore e in quell’incontro in una sera piovosa era evidente. Io vacillavo, ero anche arrabbiato. Lei era certa. 

Ci sarebbero tantissime altre cose che vorrei dire, ma ho scelto quelle che per me sono le più significative. 

Niccolò Malinverni

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